Cartolina spedita da Trieste a Gruž
Una gita a Trieste ha sempre un suo perché. Una gita al Caffè degli Specchi nella Piazza Grande della Trieste imperiale non si può fare, ma si può immaginare.
L’anno non è indicato, ma potremmo essere a cavallo fra il XIX° e il XX° secolo, perché sul francobollo c’è un profilo di Franz Joseph “relativamente” giovane.
Anche così distante, sento il vociare come se fossi affacciata a una di quelle finestre di palazzo Stratti. Non ci capisco nulla perché le lingue di questa foto sono tante. Posso distinguere: triestino, italiano, sloveno, tedesco, greco, ungherese, serbo, croato, turco, yiddish. Ma probabilmente ce ne sono altre che non riconosco!
Mentre ascolto questa orchestra di voci, ci sono altri miscugli che percepisco: il profumo del mare prevale, a momenti, sulle nuvole di sigari e di sigarette, altre volte è il caffè che copre tutto, mentre un po’ qua e un po’ là si insinuano alcune note speziate e agrumate che le signore si vaporizzano sui vestiti. Che qua vedo in bianco e nero, ma che io disegno con colori tenui e pastello.
Comunque l’aroma predominante è quello del caffè, e mi siederei volentieri a uno di quei tavolini del Caffè degli Specchi per sorseggiarne una tazzina. Chissà come si ordinava, a quel tempo, il caffè a Trieste. (Ora c’è un dizionario di nomi utilizzato solo in questa città: bisogna studiarlo per non fraintendersi con i baristi. Prova a dare una occhiata qua!)
E poi, mentre mi gusto quel caffè, mi piacerebbe toccare con mano il marmo di quei tavolini bianchi che tanto mi piacciono e sfiorare il legno delle sedie (saranno delle Thonet? Nella mia testa: lo sono!). Ecco, da lì sarebbe interessante osservare il mondo.
Mi dispiace non sapere quando Leon ha spedito questa cartolina ai suoi genitori: lui non ha scritto la data di quel giorno, e sul francobollo non si legge più nulla. Sembra che vivessero a Gruž Zapad (Gruž Ovest): cercando online, ho scoperto che c’è un quartiere di Dubrovnik che si chiama così.
Sono riuscita a tradurre il messaggio che Leon invia ai signori Gjik (o meglio: sono riuscita a trascrivere le parole, mentre il traduttore in croato ha svolto il suo lavoro). Poi c’è una frase aggiunta da un’altra persona che sembra tranquillizzare i genitori perché dice “Vostro figlio è sano e ha un buon appetito”, ma non comprendo il resto, né il nome di questa persona.
Mi sembra che per oggi ci siamo fatti abbastanza i fatti di Leon e della sua famiglia. Torniamo a bere il caffè in Piazza Unità, anzi: in Piazza Grande. Se guardi bene, mi vedi seduta a uno di quei tavoli.
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